sabato 22 settembre 2012

Si torna a casa.

Le ultime giornate sono trascorse in ordine sparso. I ragazzi, ormai esperti di metropolitana e quartieri, in giro per Tokyo a fare i turisti. Io e gli insegnanti a concludere gli appuntamenti prefissati.

Unica eccezione, giovedì a Kamakura. Io e Andrea ci siamo avventurati tra i templi e il mare e, finalmente, ho staccato per un'intera giornata.
Kamakura è una cittadina a una cinquantina di km da Tokyo piena di templi zen e sede della seconda statua di Buddha del Giappone. È impossibile visitare tutti i templi in una giornata, però non stavamo raccogliendo punti per cui abbiamo visto i tre siti a nord della città scendendo a Kita - Kamakura e quindi siamo andati al Buddha.

È stato un po' strano vedere un Giappone non occupato da grattacieli e stazioni della metro.
Piacevole ma assolutamente inusuale rispetto alle mie esperienze standard di questi anni.
Abbiamo camminato tanto. Siamo arrivati anche allo Hansobo, un tempietto in cima ad una collina da cui si poteva vedere il tempio principale immerso nel verde.
In teoria si può vedere bene anche il monte Fuji ma, con l'umidità di questo caldo mese di settembre, non c'è stato niente da fare.

Il Buddha di 13,5 metri è simpaticamente seduto in mezzo ad uno spiazzo pieno di gente che si fa fotografare ed è veramente imponente.
Kamakura Daibutsu

Infine, siamo andati al mare. La spiaggia sabbiosa di Kamakura è piuttosto abbandonata, almeno in settembre, ma abbiamo comunque gradito sia l'aria di mare che il rilassante rumore delle onde.
Invece qui non sono tanto rilassati con le onde... Il cartello all'entrata della spiaggia era molto eloquente.


In giro per la città è pieno di rifugi anti tsunami e in stazione c'è una bella mostra sull'ultimo tsunami che ha colpito la zona. La città viene periodicamente rifatta da capo... il tutto è molto rassicurante.
D'altra parte, più o meno tutti quelli con cui abbiamo lavorato ci avevano consigliato di andare a Kamakura e noi, alla fine, abbiamo obbedito. Abbiamo fatto proprio bene. Non sentivamo più i piedi ma valeva davvero la pena.
La sera, sulla via del ritorno, piccola pausa a Jiyugaoka a mangiare okonomiyaki e monjiayaki con Akiko. Il posto dove abbiamo mangiato, relativamente vicino alla stazione, è buono, rinomato e poco turistico. Saremmo rimasti fino al giorno dopo senza problemi.


Venerdì è stato abbastanza massacrante  perché, come al solito, tutti gli appuntamenti sospesi si condensano l'ultimo giorno utile, ma abbiamo finito con la cena istituzionale insieme a Maeda san e Fuji san.
Per fare bella figura ci hanno portato in un ristorantino "francese" dove, per metà almeno, cucinavano piatti italiani... ottimi peraltro. Ci vogliono davvero bene.

Infine, quest'ultima giornata io e Andrea l'abbiamo passata con un amico americano che vive qui. Come al solito siamo finiti alla baia così ho potuto fotografare il Gundam a grandezza naturale che sta lì a prendere dietro un centro commerciale enorme che l'anno scorso era un semplice cantiere.
Qui finiscono tutto rapidissimamente.
Chissà come mai abbiamo finito per parlare anche della Salerno - Reggio Calabria... hanno riso molto. Credo che non abbiano capito che io e Andrea non stavamo scherzando.
A vivere in questo posto ci si abitua ad una realtà troppo diversa dalla nostra. Magari può esserci di stimolo per provare a cambiare le cose in Italia... oppure a cambiare Paese e sperare che il nostro se la cavi senza di noi.  Comunque tra poco più di un'ora partiremo per tornare a casa. Metro fino a Ikebukuro e poi Narita Express per l'aeroporto. Costa un po' di più ma è meglio arrivare per tempo al check in... Ci vediamo l'anno prossimo!

mercoledì 19 settembre 2012

Fine corso.

La lezione di domenica è stata dedicata all'analisi collettiva dei lavori. Kurita sensei ha preso ad esempio i racconti che ha ritenuto più significativi e ci ha costruito sopra l'analisi.
Se questo per i giapponesi è positivo e porta grandi benefici a tutti, negli italiani stimola invidia e frustrazione. I nostri studenti sono abituati a condividere le critiche e a farsi smontare in pubblico per cui, nel complesso, è andata bene. Però è stato comunque necessario che mi scusassi con Kurita sensei per alcune estemporanee reazioni.
Come siamo fatti male...

Nella sala con Kurita sensei
Comunque, martedì mattina il corso si è concluso ufficialmente con la consegna degli attestati alla YAG. Kurita sensei ha fatto un discorso semplice ribadendo quello che è ormai diventato il tormentone  dell'Accademia.
"Avete visto il manga da vicino e vi siete accorti che non è solo quello che arriva in Italia. Il manga qui è un mezzo per raccontare la società e i rapporti tra le persone. In Italia dovrete fare lo stesso. È difficile ma non c'è altra via."
Poi ha concluso con i soliti apprezzamenti di rito e il "non vedo l'ora di leggere i vostri lavori".
Sinceramente condivido anche quest'ultima frase.

Lunedì era festa nazionale e siamo andati a trovare Misao. Abbiamo mangiato in una vecchia sobaya vicino a casa sua per non disturbarla. I proprietari penso non avessero mai visto stranieri nel loro locale. È in una strada laterale e ce la siamo un po' cercata. La soba era buona e accompagnata dal bricco con l'acqua di cottura per diluire la soia alla fine.
L'ultimo lavoro di Misao

Nel primo pomeriggio abbiamo invaso con le telecamere la casina-studio di Misao. Abbiamo chiacchierato un po' di tutto, in un misto di italiano e giapponese che è andato sempre di più verso l'italiano modificato... la nostra presenza le fa bene.
Purtroppo, di tutte le cose che avremmo voluto fare insieme, ci è rimasta solo questa visita con intervista integrata. Misao è pienissima di lavoro e non è riuscita a liberarsi.
Soprattutto il problema è che deve anticipare tutto il lavoro a scadenza stretta, ovvero il manga, prima di venire in Accademia a febbraio in modo da avere, per quel periodo, solo lavori di illustrazione. Sono più semplici da gestire e facendo così quest'anno è riuscita a godersi di più i due mesi in Italia.

Dopo un dolcino insieme da Starbucks siamo tornati, con le nostre calorie extra, verso casa.
Ci vediamo a febbraio in Accademia. Sempre più vicini. Ancora una volta questi saluti a termine relativamente breve ci fanno sentire un'estensione del Giappone.
 
Infine oggi siamo tornati alla TDG a salutare Kawaguchi sensei e poi alla Graphic-sha dove abbiamo incontrato Nakanishi san. Questo signore è colui che ha rivoluzionato la manualistica tecnica dedicata al manga. Per primo ha pensato e progettato dei manuali strutturati che sostituissero i fascicoli monotematici che riempivano gli scaffali delle librerie.
Ci ha presentato il suo nuovo lavoro dedicato alla prospettiva e alle dimensioni relative di oggetti e luoghi. Utilissimo. Uscirà il mese prossimo e i diritti della versione italiana sono già di Euromanga Edizioni.
Giusy, Ilaria e Marco si sono esercitati con Ihara sensei, che non si sente all'altezza della parola "sensei" (maestro) perché da trent'anni lavora unicamente nel suo studio da mangaka ... se penso ai tanti, troppi "sensei" nostrani che abbiamo incontrato sulla strada della nostra scuola non posso trattenermi dal ridere.
L'esercitazione si è incentrata sulla statica di un personaggio che beve da una bottiglietta. Un compito molto più complesso di quello che si possa pensare.
Oltretutto, prima di entrare alla Graphic-sha, Marco aveva improvvisato uno spot pubblicitario per la bibita che stava trangugiando portando tutti alle lacrime dalle risate e ora la stava disegnando su un foglio A3. Non ci sono parole... Magari mandiamo il filmato a Voyager così avranno un vero fenomeno paranormale da raccontare. Ripensandoci, magari gli mandiamo direttamente Marco (!).

Alla TDG abbiamo raccolto un po' di tavole degli studenti del primo e del secondo anno. Ce li hanno fotocopiati volentieri perché secondo Kawaguchi sensei "guardare il proprio senpai aiuta ad imparare più rapidamente". Noi purtroppo i senpai non ce li abbiamo perché il corso dura solo un anno e quindi dobbiamo trovare questi stimoli all'esterno. Li appenderemo in aula e in biblioteca. Ho idea che quest'anno il corso accademico sarà ancora più massacrante dell'anno scorso.

Non vedo l'ora di cominciare.

sabato 15 settembre 2012

Ka-ra-oppe!

Le lezioni alla Y.A.G. si avviano al termine. Mentre sto scrivendo, studenti e insegnanti sono in aula per l'ultima giornata. Ci hanno aperto la struttura anche oggi, nonostante sia domenica, e Kurita sensei ha sacrificato con entusiasmo il suo giorno libero per riuscire a concludere i corsi prima del rientro al lavoro di Akiko. Giovedì, sempre per riposare un po' e compensare il duro lavoro degli studenti in aula, mi sono sforzato nuovamente e sono andato a dormire un po' sull'erbetta del parco di Shinjuku. Per entrare si paga (2 euro) e chiude alle 16.30 ma ne vale la pena.

Shinjuku Gyoen: un'oasi tra le aule e Sekaido
Comunque siamo arrivati tutti piuttosto stanchi al venerdì mattina e quindi, sinceramente, non so dove abbiamo trovato le energie per fare tutto quello che è seguito.
Venerdì pomeriggio è stato dedicato ai Copic. Ci hanno ricevuto negli uffici della Too Marker all'undicesimo piano del Gakken building dove Kaoppe ha lavorato sulla colorazione insieme a Giusy, Ilaria e Marco. Andrea era lì per delle riprese e io facevo perdere un po' di tempo a Toshi, parlando di nuovi prodotti, più che altro per il piacere di stare un po' insieme in relax.
Tutti al lavoro, teleacamera compresa
Tokyo dalle finestre del Gakken Bldg.
Kaoppe, nome d'arte di Kaori Takahashi, lavora come consulente per la Too Marker e come illustratrice di libri per bambini e testi scolastici. L'anno scorso aveva fatto un bel workshop introduttivo all'uso della colorazione a marker. Quest'anno, in previsione dei due corsi che terrà a ottobre in Accademia, si è lanciata in cose più elaborate spingendo le tre cavie a sperimentare sulla propria tecnica. Molto divertente e molto interessante per tutti.

Giusy gioca con le ombre
Dopo il laboratorio, Toshi ci ha portato (di nuovo) a ristorante. Senza Hosoya san i camerieri hanno potuto prendere fiato tra una portata e l'altra ma abbiamo comunque mangiato di tutto e benissimo.
Kaoppe, dopo qualche birra, è arrivata al suo massimo splendore con la lettura della mano e poi ha superato le aspettative portandoci tutti al Karaoke. Ha una voce bellissima (!). È partita con la opening di Evangelion e giuro che ho pensato che la stesse cantando in playback.

I giapponesi si allenano fin da piccoli a bowling e al karaoke. Vorrei tanto trovarne uno stonato che non riesce a buttare giù un birillo. Oltretutto, praticamente tutti conoscono "Santa Lucia"... la studiano alle elementari e, quindi, Kaoppe l'ha fatta partire al Karaoke sperando di sentirla cantare dagli italiani... niente da fare. Nessuno la conosceva. Marco ha provato a canticchiarci sopra qualche cosa con il testo di un paio di preghiere ma non era giusta nemmeno la musica per cui il contributo culturale è stato trascurabile. Meno male che i giapponesi applaudono sempre con entusiasmo per incoraggiarti. In ogni caso su "Bohemian Rapsody" e "Dancing Queen" vorrei sorvolare...

Siamo tornati distrutti con la prospettiva di alzarci presto la mattina seguente.
Yokohama: Minatomirai
Sabato, in modalità zombie, siamo andati a Yokohama allo Yokohama Design College dove ci hanno accolto benissimo. Un paio di ore di lezione/esercitazione di Character design con Fujiomi sensei che poi si è prestata ad una  intervista. Prima o poi faremo anche il montaggio di tutto questo materiale e lo vedrete in giro. Promesso.

Yokohama D.C.: in aula
Anche alla YDC i lavori degli studenti sono appesi alle pareti e nei contenitori a disposizione nelle aule. Forse non sono all'altezza di quelli della YAG ma è anche vero che gli studenti della YAG sono 10 volte di più. Invece abbiamo saputo che la studentessa le cui tavole ci avevano colpito l'anno scorso, da quest'anno lavora come assistente in uno studio e come illustratrice per video game. Brava!

Dopo il pranzo e la consegna del consueto attestato della scuola, con relative foto ricordo, siamo tornati a Tokyo. Per gli insegnanti la serata è proseguita nelle aule della YAG, dove ci hanno approntato una cucina di fortuna e dove ho potuto mantenere la promessa fatta a giugno a Uenishi sensei di preparare la carbonara davanati a lui per fargli capire bene come si fa.

Alla fine eravamo una dozzina di persone e, con l'aiuto di Andrea, ho preparato 2 kg di pasta alla carbonara. La pancetta "Vismara" a 12 € l'etto presa da ISetan e l'olio extravergine siciliano da 100 € al litro (!) portato da Akiko (che lavora per una ditta che lo importa dall'Italia), oltre al parmigiano di 24 mesi portato direttamente dall'Italia mi hanno aiutato a produrre qualcosa di commestibile. Devo dire che temevo peggio e non ho nemmeno dato fuoco alla scuola. Cucinare per così tante persone su un tavolo con due fornelli portatili e la moquette per terra è stata una vera sfida.

Lezione di carbonara
Inizialmente avrei dovuto farlo a casa di Uenishi sensei ma poi, visto che abita lontano e non ha una cucina grande abbastanza, ho proposto una modalità più "italiana" e, invitando tutti, ho messo in contatto luoghi e compagni di lavoro e famiglie. Per la prima volta Uenishi sensei ha incontrato la moglie di Kurita sensei (con cui lavora da più di 10 anni). Mi sono scusato se questo li ha forzati rispetto alle loro abitudini ma, almeno all'apparenza, ne sono stati contenti.

In Italia siamo abituati che gli amici sono di famiglia e i colleghi di lavoro con cui ci si conosce meglio finiscono presto per diventare amici di famiglia. In Giappone questi due ambiti sono completamente separati. Dopo il lavoro o si esce con gli amici/colleghi o si torna a casa. La socializzazione qui è complicata. Un paio di giorni abbiamo visto una pubblicità sulla metro di una agenzia di incontri che garantisce il matrimonio entro un anno all'80% degli iscritti.
Pare che in effetti sia una cosa molto matematica. Qui, le famiglie pesano molto nella scelta e/o approvazione della futura sposa (o sposo). È sufficiente che la ragazza non abbia frequentato la giusta università per far saltare le nozze. È impossibile per il figlio di un medico sposare la figlia di un falegname senza scatenare una guerra totale con i genitori e rovinarsi l'esistenza. I ragazzi e le ragazze giapponesi sono un po' disorientati e ulteriormente in difficoltà nei rapporti umani, si rivolgono sempre di più a queste agenzie che costruiscono la scheda ottimale della persona da sposare e mettono in contatto i candidati. 8 su 10 si trovano e si accettano. Magari poco romantico ma, vista l'attitudine isolante dei giapponesi, è pur sempre meglio di niente.

Comunque al termine della carbonara, dopo una danza di Momo chan, la figlia di Uenishi sensei, ci siamo trovati seduti per terra a raccontare aneddoti vari tradotti, e filtrati (per fortuna), da Akiko. Sta ritrovando l'italiano che aveva quando viveva a Pisa... a un certo punto si è girata con un: "ma non dite cazzate che poi non le posso tradurre!". Siamo morti dalle risate.

Uenishi sensei è molto geloso della figlia e ha paura del momento in cui sarà cresciuta e se ne andrà in giro con un fidanzato. Kurita sensei era visibilmente felice di poter passare altro tempo con noi e ha raccontato di nuovo a tutti della sua esperienza nella nostra scuola. Maeda sensei tende a tenersi in disparte e ad osservare. Prima di tornare a casa, alle 22, mi ha fatto ricontrollare i certificati e il contratto di partnership ufficiale che ci hanno chiesto di rinnovare... è inutile. Lavora sempre!

Quasi addormentati sulla metro, siamo tornati a Tokiwadai. Al supermercato, prima di andare al  dormitorio, ho comprato una nashi (buonissima pera giapponese a forma di mela) nonostante quella meno cara fosse a 2 euro (una)... Un po' di frutta ci vuole anche se costa un esagerazione.

mercoledì 12 settembre 2012

A lezione di sfondi e non solo...

Due giorni di lezione con Suedomi sensei sono pesanti.
È l'esperto di sfondi della YAG. Quando Kurita sensei ci ha detto che chiedeva sempre consiglio a lui per i suoi sfondi, ho sinceramente pensato che forse stava sopravvalutando il livello dei nostri studenti.
In effetti è così. Nonostante ormai ci conosca bene, Kurita sensei è ansioso di farci studiare il più possibile e al massimo livello concepibile. Il che produce lezioni più pesanti per tutti ma sicuramente più interessanti per chi vuole imparare sul serio.
Quindi partenza con un ripasso veloce di prospettiva e poi al lavoro su un ambiente. Per gli insegnanti è stato scelto un luogo familiare...

Il dormitorio dell'Accademia realizzato da Marco
Suedomi sensei era contento ma, se non ho capito male il pensiero di Kurita sensei, speravano in una maggiore rapidità di esecuzione. Ci dovremo lavorare di più.

Nel frattempo io sono andato alla Kadokawa Shoten a trovare Niina san, l'amministratore delegato. Un po' per ricambiare la visita che ci ha fatto l'anno scorso sulla via per Francoforte (!)  e un po' perché avevo promesso di portargli Yggdrasil, il primo volume della collana Narita9915. La Kadokawa è diventata il primo editore del Giappone e probabilmente del mondo, visto il fatturato di quasi 2 miliardi di euro all'anno per la sola editoria.  Ora supera gli altri di diverse lunghezze.
Lo è diventata, ed è in crescita rispetto agli altri, anche perché sta sperimentando moltissimo cose nuove. L'anno scorso mi aveva chiesto se volevo provare a pubblicare manga italiano in Giappone attraverso uno dei piccoli gruppi editoriali che fanno capo alla loro società. Gli avevo risposto che avrei aspettato di avere un prodotto all'altezza. Quest'anno Niina san ha ribadito la volontà della Kadokawa di lavorare con l'editrice della scuola e ha piazzato Yggdrasil in prima fila sugli scaffali del suo ufficio.

Il primo volume di Narita9915 non è all'altezza del mercato giapponese. Lo avevo già avvisato che non avremmo proposto quel volume alla Kadokawa. È un primo passo verso un vero manga italiano ed è importante per far capire che si può pubblicare in Italia ma è certamente lontano da quello che considero un punto d'arrivo.
Questa volta non ha insistito. Ha capito che non rifiuto le sue offerte perché voglio ostentare sicurezza ma perché ho un obiettivo più a lungo termine di una buona pubblicità per la scuola.

Certo, a questo punto mi basterebbe regalare i diritti per la prima tiratura e potrei tornare a casa con un volume italiano tradotto e pubblicato in Giappone per poi promettere mari e monti a chi si vuole iscrivere all'Accademia. Il tutto a costo zero.
Una carriera sicura per diventare "mangaka" (mai una parola è stata usata più a sproposito) e diventare il messia che i giapponesi stanno aspettando da anni. Così avrei una scuola piena di bimbetti che vogliono giocare con l'inchiostro nella speranza che gli crescano gli occhi a mandorla.
Invece no. Mi spiace per tutti quelli che sognano di diventare pop star del manga ma questo è un mestiere complicato e tutt'altro che solitario e romantico. Ogni opera è frutto di un lavoro di gruppo estenuante e ogni pubblicazione viene valutata attentamente sotto ogni aspetto e aggiustata finché non viene approvata dall'ultimo anello della catena che, ogni volta, ci rischia il posto di lavoro.
Inoltre, non esiste un messia e i giapponesi non stanno aspettando proprio un bel niente. In Giappone, tra professionisti e semplici amatori, hanno stimato che si dedicano al disegno manga circa 5 milioni di persone. Quelli che diventano professionisti sono in grado di scrivere storie, le sanno dirigere verso il target deciso dall'editore, le sanno modificare e sviluppare e lavorano in gruppo con sceneggiatori ed editor. Poi, il più delle volte, gli editori le pubblicano con un nome solo perché creare una "star" fa vendere di più.
Gli autori italiani, ammesso che esistano, potranno anche diventare interessanti per il mercato giapponese ma di sicuro, prima di tutto, devono imparare a lavorare con una tecnica che sia all'altezza e trovare l'umiltà necessaria. Il problema è che noi italiani l'umiltà non l'abbiamo nel DNA. Non è colpa nostra... ci sarà qualcuno responsabile ma di sicuro non siamo noi... e infatti è l'ostacolo più grosso che incontriamo in Accademia.

Mercoledì mattina sono tornato alla Kadokawa insieme ad Andrea, insegnante di sceneggiatura al corso accademico, nonché regista, attore e pubblicitario, per girare un'intervista, sempre all'amministratore delegato.
Per Andrea il Giappone è un'esperienza nuova. Ha viaggiato tanto ma qui non era mai venuto. È rimasto molto colpito dalla disponibilità e dalla cordialità di Niina san ed è stato interessante rivedere il Giappone attraverso i suoi occhi. È ancora troppo abituato ai managerini nostrani che trattano tutti dall'alto in basso solo perché si sono appena comprati una inutile macchina nuova e che non ascoltano nessuno perché "lo so io quello che serve, non sono mica nato ieri!".
Il "Lei non sa chi sono io!" qui non esiste.
Se non so chi sei, forse è perché non ti sei presentato, cafone!
È buffo che la nostra formazione, fondata sui valori cattolici, sia condizionata dal guadagnare un posto in paradiso per sé stessi, "amando il prossimo come te stesso", ma facendogli comunque notare che hai la villa con piscina.

In questo Paese l'insoluto su fattura non esiste; se commissioni un lavoro e te lo consegnano, lo paghi e lo fai nei termini indicati, altrimenti perdi il tuo onore. Chi lavora con l'estero lo sa che a volte gli italiani non pagano, però non capisce sinceramente il perché e rimane allibito.
In Giappone l'amministratore delegato di una azienda con un fatturato di miliardi di euro ha un ufficio di meno di 30 mq con la stessa moquette che tappezza il resto del piano. Non ha poltrone in pelle umana e nemmeno l'acquario con gli squali dentro o la cupola con le statue greche. A che serve? Ad affermare la superiorità della propria posizione? Sta scritta sul biglietto da visita ed è sufficiente.
Se sei troppo distante da chi lavora con te perdi la possibilità di dialogare e di fare il tuo lavoro al meglio. Qui gli stipendi dei manager sono alti ma in nessun caso arrivano ad essere, come capita in Italia, centinaia di volte più alti di quelli dei dipendenti ordinari.
Tutto questo è arrivato ad Andrea in poche ore e, quando siamo usciti, ridacchiava incredulo.

Con Toshi san e Hosoya san
Poco dopo, nel pomeriggio, siamo andati alla nuova sede della Too Marker dove abbiamo ritrovato Shimizu Mami, fumettista di punta di Betsu Komi, Hosoya san, manager della I-C inc., produttrice dei retini professionali, e Toshi san, un caro amico e direttore della Too Marker, l'azienda che produce i Copic.
Mentre noi filmavamo una chiacchierata/intervista con Toshi e Hosoya sul mercato dei prodotti per manga e sull'educazione alla creatività, Shimizu Mami sensei approntava un workshop insieme a Giusy, Ilaria e Marco.
Un bel pomeriggio per tutti. La chiacchierata è stata molto interessante e il laboratorio con Shimizu sensei è stato proficuo e divertente. Mi spiace solo di non essere riuscito a filmare la faccia di Marco quando si è ingoiato un mochi-gelato intero durante la pausa.


Al termine, tutti a cena! Hosoya san è sempre più determinato a farci assaggiare cibo raffinato per verificare quanto siamo compatibili con il Giappone e quest'anno gli è andata bene; abbiamo apprezzato a dovere tutte le proposte culinarie che ci hanno fatto, compresi i gamberetti avvolti nel prosciutto crudo di Parma ... molto giapponese.
A cena
Toshi è un po' più carico di lavoro del solito, ed è tutto dire, ma ha sempre il sorriso sulle labbra. Mi ha chiesto se per quando verrà a Lucca gli farò avere una bottiglia dell'olio d'oliva che mio padre fa con gli ulivi che ha piantato in campagna e ci ha proposto un lavoro, un manga breve, da utilizzare come promozione. Preparerò l'olio e comincieremo a lavorare sulla storia appena tornati in Accademia. Domani incontreremo Kaori Takahashi (Kaoppe) per un altro laboratorio. Si sta preparando a venire in Italia per i corsi di ottobre in Accademia e Toshi dice che è tornata adolescente al solo pensiero. Non vedo l'ora di incontrarla di nuovo. La nostra Accademia sembra sempre più una nuova fermata della metropolitana di Tokyo... manca solo il treno e qualcuno che lo faccia arrivare in orario.

A proposito di treni, una nota di colore: l'altro giorno sul vagone su cui mi trovavo, un viaggiatore si è sentito male e ha vomitato (si, capita anche ai giapponesi). È uscito e ha avvisato in stazione. Due fermate dopo (4 minuti) è entrato un addetto della metropolitana con la segatura e ha pulito per terra nei 30 secondi in cui il treno era fermo. Poi il treno è ripartito e alla fermata successiva ne è entrato un altro che ha finito il lavoro pulendo la tappezzeria del divanetto. In meno di 15 minuti dall'incidente il vagone era come prima.
E se ci armassimo di buona volontà e venissimo qui a studiare anche come si gestiscono i trasporti pubblici? Magari fra qualche anno potremmo avere dei treni che viaggiano puliti con un orario ragionevolmente sicuro. Ma forse è più facile diventare "mangaka".

domenica 9 settembre 2012

Matsuri!

La domenica è passata e, nonostante sia molto tardi, non è semplice andare a dormire. Il Giappone mi sorprende ogni anno e lo fa sempre in un modo diverso.

TDG: Tutti al lavoro nell'aula di Manga
L'open day di sabato al Toyko Design Gakuin College è stato molto più leggero del solito ma tutti si sono divertiti comunque molto, grazie anche all'esuberante personalità di Marco e al suo frasario di Giapponese fatto in casa.
Kawaguchi sensei ci ha accolto direttamente all'ingresso con un abbraccio e ci ha accompagnato nelle aule di manga dove studenti e insegnanti hanno disegnato insieme per un paio d'ore.

Sui banchi abbiamo trovato, come al solito, i book degli studenti della scuola che hanno esordito quest'anno e, in particolare, abbiamo notato i lavori di una ragazza tailandese del secondo anno. Sia gli originali che la pubblicazione. Impressionanti.
La scuola è piaciuta a tutti. Non avevamo dubbi. Questo college è uno dei più vecchi istituti pubblici del Giappone dedicati specificamente a design e arti grafiche. L'edificio a più piani rivestito a mattoni è stato aperto nel 1963 e conserva un fascino vagamente europeo.

Haru san ha voluto la consueta foto di gruppo con la nostra classe, anche se non al completo, nel suo laboratorio-aula di effetti speciali e ha mostrato di apprezzare il Vin santo e i cantuccini che gli abbiamo portato dalla Toscana.

Il presidente dell'istituto è venuto a salutarci di persona. Lo incontreremo di nuovo prima di tornare a casa per valutare insieme alcune possibilità di collaborazione. Il resto del pomeriggio è stato libero per tutti.

Poi è arrivata la domenica. Il giorno del Matsuri.
Il Mikoshi piccolo

All'inizio eravamo tutti molto preoccupati. Alla fine eravamo molto doloranti ed esausti.
All'inizio eravamo turisti. Alla fine eravamo di casa.
Ciò che c'è stato nel mezzo può essere raccontato in modo scientificamente preciso e potrebbe cominciare così: a Komagome, un'area di Tokyo, ci sono 13 "città", ognuna ha un Mikoshi, un tempietto che la tradizione vuole che contenga un frammento dell'anima della Dea Amaterasu. Dal nono secolo, ogni anno, questo tempietto di 700 kg circa viene portato a spasso per il quartiere da una trentina di portatori. Si fanno varie tappe e, ad ogni tappa, i portatori vengono rifocillati con bevande e cibo.
Ogni quattro anni fa la sua comparsa anche il Mikoshi grande. Pesa poco più di 2 tonnellate e per portarlo servono un'ottantina di persone. In queste occasioni si portano entrambi i Mikoshi. Il trasporto di quello grande è suddiviso in 13 tratti, uno per città e ogni città lo porta nel proprio tratto con i propri portatori. Per quello piccolo tutto funziona come sempre.
Alla prima tappa
L'intero matsuri dura circa 4 ore. I portatori si danno periodicamente il cambio perché, soprattutto sotto il Mikoshi grande, è quasi impossibile resistere più di 4-5 minuti consecutivi.
Le travi che sorreggono il tempietto sono di legno massiccio laccato. Ogni volta che perdi il ritmo, fanno un male cane sulla spalla, ogni volta che un portatore viene sostituito, fanno un male cane sulla spalla, ogni volta che ci si ferma o si riparte, fanno un male cane sulla spalla... insomma, c'è un motivo per cui tanti giapponesi che erano con noi erano stati arruolati per la prima volta e tutti gli altri erano intorno in borghese a fare foto.
Il Mikoshi a prima vista sembra pesante ma in realtà è molto molto peggio. Molto.

L'altro modo in cui si può raccontare la giornata è invece più emotivo e complicato. Se vi basta la parte scientifica smettete pure di leggere a questo punto. Il resto è noioso.

I giapponesi sono timidi. Sakamoto san, la nostra "arruolatrice" del matsuri, nonché responsabile esteri della Graphic-sha, lo dice sempre quando parliamo delle differenze tra i nostri due Paesi.
Carichiamo il piccolo
È vero. Fondamentalmente i giapponesi hanno difficoltà a relazionarsi perché la loro morale si fonda sul rispetto per gli altri e l'importanza dell'onore. Questo gli crea non pochi problemi tra cui la difficoltà a mostrare quello che provano e, quindi, a socializzare.
Il Matsuri fa abbandonare molte di queste barriere.
Siamo stati vestiti con lo happi (giacca da matsuri) della "città" di Fujimae, abbiamo indossato i tabi con la suola di gomma e ci hanno fatto portare il Mikoshi più a lungo di chiunque per dimostrarci che si sentivano onorati della nostra presenza. Ciò nonostante, all'inizio, eravamo stranieri.
Poi, tappa dopo tappa, i capelli biondi di Talita, il rosso della testa di Ilaria, gli occhi chiari di Giusy, le posizioni assurde di Marco che continuava a cercare una strategia per compensare la fatica addizionale data dalla sua altezza superiore alla media nipponica, sono diventati parte integrante della festa.

Allora i giapponesi hanno smesso di essere timidi e hanno chiesto di noi; da dove veniamo, cosa facciamo, quanto restiamo, per quale motivo siamo lì ad aiutarli invece di stare con gli altri turisti a fare foto e hanno cominciato a raccontarci di loro. Dal vigile del fuoco all'estetista, dal cuoco all'addetto marketing della ditta farmaceutica. Con la sincera voglia di avvicinarsi, piuttosto che spinti dalla curiosità per chi viene da lontano.
Tanto poi, l'obiettivo di tutti alla fine di ogni pausa era riprendere il Mikoshi e fare del nostro meglio.
Tutti uguali. Tutti insieme. Tutti troppo stanchi per tenere distanza. Ognuno consapevole del fatto che l'assenza di distanza, in questo momento particolare, non sarebbe stata intepretata come mancanza di rispetto.
È stato come abbracciare forte questa terra per ringraziarla di quello che ci sta dando, ogni anno di più. Per questo, credo, ognuno di noi ha portato il Mikoshi in tutte le tappe senza mai tirarsi indietro o tenersi ai margini.
Alla Tanuki Shokudou
Alla fine ci siamo ritrovati alla Tanuki Shokudou. Una sorta di osteria povera di meno di 28 mq, bagno e cucina compresa, dove abbiamo passato la serata mangiando e bevendo in più di trenta persone. Tutto a carico del proprietario che è anche uno degli organizzatori del Mikoshi di Fujimae. Nonostante non abbia bevuto una sola lacrima di sake, non sono in gardo di raccontare questa parte della serata. Lascio spazio ai commenti di chi era presente per aggiungere dettagli.
Alla fine ci hanno salutato con un "ci vediamo l'anno prossimo"...

Tokyo non è una bella città. Urbanisticamente è un disastro. Ognuno può fare quello che vuole purché sia antisismico e non esca dai confini del proprio terreno. La gente è all'apparenza fredda anche se rispettosa e gentile. Non succede praticamente mai niente e quindi è molto sicura. Stare bene a Tokyo è semplicissimo; basta accettare la condizione di trovarsi in un altro Paese ed essere disposti a rinunciare all'idea, a cui siamo troppo abituati in Italia, di essere il centro dell'universo.

Sentirsi a casa però è un'altra storia. Forse chi di noi è qui per la prima volta impiegherà un po' per metabolizzare la sensazione. Forse nemmeno arriverà a capire quanto questa giornata sia stata preziosa.
Personalmente, quest'anno non mi ero prefisso alcun obiettivo perché tutte le collaborazioni avviate in precedenza stanno dando più frutti del previsto. Tuttavia questa domenica vale da sola questo viaggio e aggiunge una pietra importante al lavoro fatto negli ultimi cinque anni per creare una strada diretta, un legame forte tra la nostra scuola, la nostra casa e questa parte del mondo. Poco importa se, per una volta, anziché cenare con mangaka e animatori, abbiamo condiviso il cibo con elettricisti, programmatori, bancari o giardinieri.

Se si impara ad osservare è facile capire la logica su cui si fonda lo spirito della società giapponese. Ma senza questo contatto non è possibile arrivare a sentire quello spirito dentro di sé.

Tornerò a Fujimae. Finché potrò e sarò ben accetto, porterò volentieri quei 700 chili di legno, e probabilmente piombo o uranio impoverito con cui è stato costruito il Mikoshi, sulle spalle sperando di conservare i lividi abbastanza a lungo da poterli mostrare anche nei giorni seguenti con lo stesso orgoglio di tutti gli altri. Non mi allenerò durante l'anno per "fare bella figura", frase totalmente priva di senso in giapponese, ma quando sarà il momento farò del mio meglio.
Come, in questo luogo, fanno tutti. Ogni giorno.

venerdì 7 settembre 2012

Il fine settimana

Giovedì e venerdì hanno visto in aula Uenishi sensei. Lavora per la rivista "Evening" e fa da assistente al manga "Reborn". Ha condotto gli esami nella nostra Accademia poco più di 3 mesi fa ed è stato bello vederlo di nuovo con i nostri studenti ma in un aula giapponese.
Uenishi sensei a lezione
Talita al lavoro
Il programma è continuato con il design di personaggi e con la creazione di un "namenote" di 3 pagine da sviluppare nei prossimi giorni.
A parte qualche momento di euforico shopping pomeridiano dovuto all'adrenalina di Tokyo, tutti sono rimasti concentrati sulle lezioni e l'intero gruppo ha preso un ritmo che sta spingendo gli insegnanti giapponesi ad approfondire il lavoro. La prossima settimana sarà molto più dura.

Espressioni
Nel frattempo siamo stati invitati dalla TDG all'open day di domani e quindi andremo a ritrovare Haru e la nostra insegnante del Master estivo, Kawaguchi sensei. Sono sicuro che sarà una bella giornata come ogni anno. Forse meglio. Akiko ci seguirà con la sua pazienza giapponese e gli insegnanti ne approfitteranno per lavorare un po' insieme ai ragazzi.

Per rompere la noiosa routine della settimana lavorativa, questa mattina abbiamo abbandonato gli studenti in aula e siamo andati ad Asakusa insieme a Misao, l'insegnante di inchiostrazione del corso accademico. Non vede l'ora di tornare in Accademia a febbraio e, nel frattempo, ha dimenticato almeno il 40% dell'italiano che aveva imparato quando era qui.
Asakusa: tempio Sensoji
Ora è molto impegnata con il suo editore e il suo lavoro di illustratrice per i gruppi Pop. Lunedì 17 andremo a trovarla a casa e ci farà vedere le ultime copertine di CD che ha fatto. Ma soprattutto organizzeremo la cena... il 17 è festa nazionale e non lavorano nemmeno i giapponesi!

Misao legge il suo o mikuji
Oggi al tempio Sensoji, Misao e Marco hanno trovato entrambi lo "O mikuji di massima fortuna" mentre Ilaria ha dovuto appendere il suo nella speranza di scongiurare sciagure immani. Io e Giusy abbiamo evitato perché non crediamo a queste cose ed è risaputo che le superstizioni sono stupidaggini ma non crederci porta sfortuna.
A proposito, al cancello del tempio abbiamo trovato un signore attempato, chiaramente occidentale con gli occhi un po' fuori dalle orbite, qualche cartello fatto in casa e la scritta Jesus sulle braccia, che lanciava avvertimenti in un giapponese alternativo alla volta dei gruppi di studenti delle medie in visita al tempio.

Questi lo guardavano un po' perplessi, alcuni spaventati, altri sorridevano, qualcuno lo fotografava. Poverino... si fa per dire... il marketing cattolico da santa inquisizione qui non funziona granché. Soprattutto davanti ad un tempio Buddhista.
La religione in Giappone è un bene di conforto al pari di altri, se vogliamo, meno nobili. Viene usato dagli individui per stare meglio. Con i tempi e i modi che ognuno sente per sé stesso con un pragmatismo sconcertante e senza costrizioni. Minacciare l'ira di Dio se non si abbraccia Gesù sbraitando verso dei bimbi che hanno vissuto un terremoto come quello dell'anno scorso ha un effetto decisamente contrario a quello che si ottiene di solito con dei potenziali fedeli italiani.

Comunque è stata una nota di colore mentre aspettavamo l'arrivo di Misao. Come sempre ad Asakusa, abbiamo fatto colazione, il gelato dopo colazione, bevande caloriche prima di pranzo e poi pranzo. Come si fa a non ingrassare in questo quartiere?? Sullo sfondo, lo Sky Tree. Torre di 640 metri completata secondo la tabella di marcia nonostante gli inconvenienti sismici.

Misao ci ha accompagnato a comprare i tabi gommati per il Matsuri di domenica. Siamo un po' preoccupati. I giapponesi non entrano praticamente mai in contatto l'uno con l'altro nemmeno in metropolitana ... tranne durante i matsuri. In queste occasioni evidentemente compensano l'assenza di contatto del resto dell'anno.
Per questo motivo bisogna indossare i tabi. Ci si pesta i piedi continuamente mentre, letteralmente appiccicati uno all'altro, si porta un tempietto di legno, che pesa come se fosse di piombo, appoggiato su travi di legno che potrebbero sostenere un solaio di mattoni, saltellando allegramente a tempo (per forza). Misao ci ha regalato uno straccetto colorato che serve ad asciugare il sudore e a fasciarsi la fronte per evitare di fare la doccia ai trasportatori vicini.
La nostra preoccupazione non è diminuita...

In ogni caso la prima settimana è finita e, anche se il fine settimana sarà parzialmente lavorativo, domenica gli studenti potranno staccare un po' e girare liberamente da mattina a sera.

Come previsto, la mancanza di uno spazio comune un po' ci sta pesando ma le dimensioni delle stanze, il corridoio all'aperto a piano terra e il fatto che occupiamo quasi tutto il piano aiutano il gruppo a tenersi sufficientemente unito.

Domani l'appuntamento è alle 13 per cui ce la prenderemo comoda. È pur sempre sabato!

mercoledì 5 settembre 2012

Al lavoro

Martedì e mercoledì sono serviti a dare al gruppo il ritmo di lavoro. L'aula che ci è stata riservata è di nuovo nella struttura didattica centrale a Yoyogi. L'anno scorso era ancora in ristrutturazione a causa del terremoto. È stato bello poterci entrare di nuovo e scoprire che non è tornato tutto come prima.
Meglio non fare confronti...
L'ingresso dell'edificio didattico
Kurita sensei assistito da Akiko
Le lezioni sono iniziate sotto la guida di Kurita sensei con la traduzione di Akiko.

Per chi ha frequentato la nostra scuola, Kurita sensei non è un insegnante che ha bisogno di presentazioni.
È stato il più giovane esordiente della Kodansha a soli 19 anni. Abbiamo in biblioteca una sua serie e un paio di altri volumetti che ha pubblicato sempre con Kodansha.
Oltre ad essere uno dei nostri esaminatori, è il responsabile del dipartimento di Manga della Y.A.G. ed è un insegnante straordinario.
L'umiltà e il sincero interesse con cui segue il lavoro di ogni studente sono impagabili.

La prima mattinata è stata di presentazione reciproca e di introduzione della scuola seguite da una valutazione del livello degli studenti per capire meglio come partire.
Illustrazione di uno studente del 2° anno

Con una piccola nota di orgoglio, Kurita sensei, ha parlato più della scuola che di sé stesso. La Y.A.G. è la più grande scuola di Manga e Animazione di tutto il Giappone. In 30 anni di storia ha formato migliaia di studenti e laureato 600 fumettisti professionisti.

Alla Y.A.G. i lavori degli studenti sono appesi ovunque e i migliori vengono utilizzati per i poster promozionali. Mi hanno promesso che mi daranno i nuovi poster di quest'anno per la nostra Accademia. Questo lavoro ci è piaciuto... chissà se un giorno diventerà un poster... magari lo mettiamo in sala accanto alla ragazza della rosa.

Con la solita benevolenza giapponese, Kurita ha lodato l'Accademia Europea di Manga dicendo che, ora che alla YAG arrivano studenti da tutto il mondo, i nostri ragazzi sono quelli con il livello più alto.

Non illudetevi.
In aula
Forse c'è qualcosa di sincero ma, per lo più è il metodo giapponese. Prima di tutto lodano lo studente per incoraggiarlo e dargli la forza di sopportare le critiche che seguono. I poverini non sanno che noi italiani ascoltiamo solo le note positive e, soprattutto, dopo i primi 40 secondi, spegnamo il cervello e quindi tutta la parte importante (ovvero le cose che ancora non sappiamo fare) la cataloghiamo come "dettagli" e la buttiamo via.
Per questo ogni volta che chiedi ad uno studente "come è andata? cosa ti ha detto?" la risposta è "ha detto che sono bravo e che le mie idee gli piacciono, poi mi ha dato dei consigli sull'inchiostrazione e sull'anatomia ma niente di ché".
Ecco. Il "niente di ché" è tutto. Le lodi non sono niente. Quindi, non c'è motivo di gongolare e rilassarsi e bisogna darsi da fare.
La seconda giornata è entrata più nel vivo con un lavoro sul Character Design e qualche approfondimento personalizzato per chi aveva del materiale già pronto.
Nel pomeriggio è toccato agli insegnanti che hanno lavorato fino a sera con Kurita sensei sulle rispettive sceneggiature.

Nel frattempo mi sono vestito da editore e ho passato la giornata alla Graphic-sha, il tempio della manualistica sulla tecnica manga. Da qui sono usciti i primi "How to draw manga", ormai 20 anni fa, e da qui stiamo pubblicando la nuova bellissima serie "Sketching Manga" che continuerà fino al 2014.

Mi sono stati mostrati diversi nuovi libri interessanti. Alcuni la Graphic-sha li manderà alla scuola per la biblioteca, come sempre, mentre altri verranno tradotti e pubblicati (prima o poi) da Euromanga Edizioni.
Il nuovo photobook di combattimento
e un libro sullo steampunk
Tra questi ultimi un bellissimo manuale sugli animali, realizzato da una disegnatrice che fa la  veterinaria, e uno sull'integrazione delle figure nello spazio e in relazione con oggetti, mobili e ambiente. Un concetto fondamentale per il fumetto visto con un metodo molto nuovo e intuitivo. Ancora non è uscito in Giappone ma ho visto le prove di stampa e ci è già stata garantita l'esclusiva.

È uscito un nuovo libro di pose di combattimento che inseriremo in catalogo su MangaTools già da novembre e un volume sullo Steam Punk che avevamo già notato in libreria il primo giorno. Forse ci sarà anche quest'ultimo.

Tutti gli studenti ormai si sono ambientati a Tokyo. Hanno scoperto che la metro è semplice e che possono perdersi senza pericolo. Prima o poi si riesce comunque a tornare a casa. Pranzo e cena non sono un problema e i ritmi sono ripetitivi. La mattina si passa in aula e il pomeriggio al tavolo di camera a lavorare. La sera, spesso, si mangia sullo stesso tavolo stando attenti a non sporcare i disegni o a non versare la zuppa sul computer. In effetti i nostri viaggi studio a Tokyo sono piuttosto noiosi e poco "colorati" da raccontare.

Per ravvivare il blog mi sono sacrificato e ho fatto una passeggiata al Kitanomarukoen, un parco proprio dietro la sede della Graphic-sha dove mi sono sforzato di rilassarmi un po' guardando le carpe nel laghetto dietro il tempio.
Immagino che tutti apprezzeranno il mio sforzo. Rilassarsi pensando a tutti gli altri al lavoro a scuola non è stato facile.

Comunque ci distrarremo tutti un poco domenica al Matsuri a Komagome.
Per ora è l'unico impegno, non lavorativo, pianificato.
Un po' poco... magari troveremo il tempo di fare un giro a Odaiba a mangiare okonomiyaki. Chissà. Ci impegneremo anche per divertirci.

Alla prossima!

domenica 2 settembre 2012

Arrivati!

La giornata di viaggio è sempre estenuante. Eppure, l'arrivo ricarica tutti di un'energia inattesa.
Dopo 12 ore di volo, a cui vanno sommate le ore per il check in e i rispettivi voli di avvicinamento, la stanchezza è paragonabile a quella del giovedì alla Summer School. Solo che qui lo stretching mattutino è sostituito dal consueto viaggio in treno da Narita a Ueno e poi in metro fino a Tokiwadai con passeggiata sotto la pioggia per arrivare al dormitorio. Tokyo in questo periodo è calda e umida ma tutto sommato, quando piove, si sta bene.

Narita: domenica mattina
  Kawaguchi sensei ci ha accompagnato fino a Ueno. Il "ribaltamento" è stato molto divertente. Fino al giorno prima la guidavamo alla scoperta della nostra scuola e dei nostri luoghi sorridendo dei moti di stupore di fronte a piazza San Marco o alla torre di Pisa e poi, di colpo, l'abbiamo vista tornare nel suo mondo, così ansiosa di farci da guida, seppur per un breve tratto, da farle dimenticare di fare il biglietto del treno. Nel tragitto da Narita ogni tanto era lei a sorridere nell'ascoltare i commenti degli studenti sulle case giapponesi, piccole e vicinissime tra loro.

Ikebukuro: stazione
Tokiwadai è un quartiere di prima periferia a poca distanza da Ikebukuro. Il dormitorio è buono. Pulito, efficiente e con stanze spaziose e attrezzate, almeno per i canoni giapponesi. Qui gli appartamenti medi in città non superano i 30 mq. Avere una doppia con la "zona letto" separata dalla "zona cibo" per me è straordinario.
I dintorni della stazione della metro sono perfetti. C'è tutto quello che serve per fare la spesa a costi contenuti ed è pieno di piccoli e medi ristoranti dove passare una serata quando ne avremo le energie.
Il supermercatino non è il Seyu di Asakusa ma comunque non è male. Gli inari sushi però vanno comprati nel momento in cui si vedono perché non li rimettono sugli scaffali durante il pomeriggio.
Ci sono un paio di conbini (non Lawson purtroppo) e anche una Soba-ya molto carina. Ci siamo andati per il primo pranzo giapponese. Le signore erano stupite e divertite nel vedere degli stranieri nel loro locale e per giunta così tanti...
Ecco. L'unico problema che sento in Giappone è che c'è poco spazio per condividere quello che si vive.
Ikebukuro: a spasso
Trovare un localino caratteristico dove poter stare tutti insieme al termine di una giornata non è semplice e so che non potremo farlo spesso. Per noi, abituati a vivere scuola con gli studenti, è un piccolo trauma.
Nonostante la stanchezza, abbiamo fatto un po' di spesa e poi siamo andati a Ikebukuro a fare una passeggiata. Non conosco Ikebukuro e quindi non ho potuto fare da guida. Visto il mio pietoso senso dell'orientamento, è stato meglio così. Abbiamo girato un po' senza meta e abbiamo trovato quasi subito un Books Off di due piani e un piccolo 100 Yen shop per il primo shopping. Qualche art book a pochi euro e le piccole cose per tutti i giorni.
E così, per tutti, il ritmo della giornata si è adeguato subito al fuso orario di Tokyo. Le lezioni inizieranno alla Y.A.G. martedì mattina. Questa sera avrò un incontro a cena con i sensei per pianificare gli ultimi dettagli del corso e per ritrovarci un po'.
楽しみにしています!